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Post Inter-Chievo, alias: quella insostenibile leggerezza di essere al vertice



di Usul Muad’Dib Ximenes

Missione compiuta. Dopo quasi due anni dall’ultima volta l’Inter torna a guardare tutte le altre dall’alto di una classifica che sorride

Lo capisci da Spalletti che, nel consueto post partita davanti ai microfoni di tv e giornali, sfodera un sorriso più soddisfatto e rilassato che mai. Il primato solitario in classifica è un’ideale torta di cui in tanti a fine gara, più o meno legittimamente, si intesteranno una fetta di merito. 

Un’azienda sportiva, perché tale è una squadra di calcio di Serie A, è come una famiglia: funziona solo se ognuno al suo interno svolge con passione e lealtà il proprio dovere.

Ma è forte la sensazione che senza l’arrivo del tecnico di Certaldo, calatosi nella realtà interista come un Messia venuto dall’Arno, poco o nulla di quel che accade sarebbe stato finora possibile. Ha moltiplicato il pane vagamente raffermo e il pesce non propriamente di giornata messogli a disposizione da una società vittima di lacci e lacciuoli vari, trasformando la squadra nerazzurra in un rinomato ristorante pluristellato le cui delizie fanno scintillare gli occhi dei propri tifosi scatenando al contempo gli appetiti delle più ricche società del mondo

Ha licenziato la pratica Chievo (che alla vigilia incuteva più di un timore) senza due terzi del centrocampo titolare e proponendo dal primo minuto un Ranocchia che non ha sfigurato dopo anni deludenti ed amari. Ha vinto e convinto mostrando una squadra fisicamente tirata a lucido e notevoli progressi nella fluidità di manovra e di gioco.
Gli esami non finiscono mai” sottolinea un vecchio adagio e si profila nell’immediato orizzonte temporale quello più impegnativo ed atteso.

Da affrontare con “passione e non con ossessione”.

Parola di Mou. Che di miracoli, come Spalletti, un po’ se ne intende.


 

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