di
Usul Muad’Dib Ximenes
L’introduzione
della VAR è paragonabile, nelle dovute proporzioni, alla rivoluzione
copernicana ed a quella francese.
Un
traguardo di trasparenza e civiltà sportiva da difendere con le
unghie e con i denti. Sarebbe un’invenzione ancor più
meravigliosa se non ci fossero (alcuni) uomini ad applicarla in campo
e dietro a un monitor.
Non
c’è intenzione di soffermarsi sugli episodi di Cagliari-Juventus:
altri lo faranno meglio e con maggior competenza tecnica.
Il
vostro modesto scrivente si limiterà a riferire come l’abominio
perpetrato ieri sia tanto di forma quanto di sostanza: gli arbitri
VAR dietro il monitor non possono NON vedere così
come l’arbitro di campo che rifiuta il supporto tecnologico
in un caso di scuola come il fallo di braccio di Bernardeschi.
Così
facendo si rinfocolano legittimamente dubbi e polemiche sulla
regolarità del torneo che vede spesso protagonisti chiacchierati
i soliti e noti beneficiari con le righe del colore sbagliato.
Il
danno da VAR fa da eco alle dichiarazioni di Allegri che, a fine
gara, di fronte alle proteste dei sardi citerà improvvidamente le
polemiche post Atalanta-Juventus (applicazione impeccabile
della VAR e del suo protocollo per annullare giustamente il gol di
Lichtsteiner).
Spalletti
dopo Inter-Udinese decisa dal fallo di mano di Santon (applicazione
conforme al protocollo sebbene molto discussa) NON disse
neanche una parola su arbitri ed episodio.
Allegri
dopo la partita di Bergamo cavalcò l’onda di polemiche di comodo e
senza alcun fondamento per poi rifiutarsi, ieri, di commentare le
vergogne viste da tutti meno da coloro che avrebbero dovuto.
Il
silenzio a volte è d’oro ed altre, di metallo assai meno
dignitoso, complice.
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