di Usul Muad’Dib Ximenes
La
storia è nota: Virgil
Van Dijk,
difensore centrale olandese del Southampton inseguito da mezza Europa
(ed
in passato oggetto di tiepido apprezzamento anche interista)
sotto le festività natalizie è stato acquistato dal Liverpool di
Klopp per
una cifra monstre compresa tra gli 80 e gli 85 milioni di €.
Li
vale o non li vale?
Più
che la risposta, è la domanda
ad
essere
mal formulata.
Come
ha spiegato in un interessante reportage di
Calcio
e Finanza (http://www.calcioefinanza.it/2017/12/28/valutazione-calciatori-virgil-van-dijk/), il nocciolo non è tanto il costo oggettivamente sproporzionato e
NON
corrispondente al reale valore tecnico
del difensore olandese che non sarà mai un Samuel, un Maldini o un
Baresi. Bensì, il
fatto che queste cifre siano o meno sostenibili
da parte delle società che le spendono.
E
su questo punto pare che ci siano pochi dubbi in proposito.
La
differenza con il rimpianto calcio italiano di venticinque anni fa
risiederebbe proprio in ciò: il
nostro era un sistema fondato sui debiti e sulla generosità dei
presidenti mecenati
che immettevano liquidità direttamente dal proprio patrimonio
personale. Le società
di Premier
sono
invece vere multinazionali
che individualmente e collettivamente fanno sistema riuscendo a
vendere un prodotto appetito e ben retribuito dalle Tv di tutto il
mondo.
È
la strada che il calcio italiano,
non alieno da scandali e corruzione, dovrebbe seguire per
tornare agli stessi livelli:
più formazione giovanile
qualificata,
più infrastrutture
(stadi
e centri di allenamento all’avanguardia),
più
scouting
(anticipando
le altre big e risparmiando valanghe di euro).
Facile
a
dirsi
e
molto complicato a farsi.
RIPRODUZIONE
RISERVATA ©
Commenti
Posta un commento