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Coutinho Sì, Coutinho No



di Usul Muad’Dib Ximenes


Da quando il Barcellona ne ha ufficializzato l’acquisto, esistono 160 milioni di motivi (in €) per chiedersi cosa sarebbe successo se l’Inter non avesse ceduto a suo tempo Philippe Coutinho al Liverpool.
Questo modesto scrivente non ha la presunzione di avere tutte le risposte perché se così fosse insegnerebbe, parafrasando Guglielmo da Baskerville, teologia a Parigi.

C’è di certo che Coutinho è una gioia per gli occhi di chi ama il calcio, mescolando tecnica di base sopraffina con velocità di pensiero superiore alla media al servizio di un dribbling condito da tiro preciso e potente.
Ed ancor più certo è che in Inghilterra si è consacrato grazie ad allenatori che ne hanno esaltato le doti inserendolo in un collettivo che potesse far fronte alle sue mancanze. Infatti, prima Rodgers e poi Klopp, lo hanno sostanzialmente esonerato, in fase di non possesso, dal logorio del pressing e dei compiti difensivi.

Il calcio di Spalletti però si basa su due principi fondamentali: la fase offensiva accompagnata da più giocatori possibili e quella difensiva in cui OGNUNO deve fare la sua parte. La presenza di un attaccante come Icardi poi, formidabile nella realizzazione ma carente in manovra, ha reso ancor più indispensabile il lavoro nelle due fasi di gioco del trequartista centrale a cui spetta la prima pressione e la regia del pressing portato collettivamente.

Nell’Inter attuale, Coutinho sarebbe stato esposto al paradosso dell’inutilità come un professore di lingue straniere in una classe ove gli studenti non conoscono nemmeno le regole base dell’italiano.
Proprio come gli smarcamenti preventivi uniti ai rapidi tempi di gioco, suo marchio di fabbrica, sterili e fini a sé stessi in una squadra dove nessuno fa movimento senza palla e ognuno si aspetta di ricevere quest’ultima sui propri piedi.

Il suo genio, spento e depotenziato, avrebbe infine amplificato lo squilibrio del collettivo nella fondamentale fase di riposizionamento e nelle transizioni negative finendo così per diventare, suo malgrado, principale capro espiatorio nonché vittima sacrificale designata.


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