di
Usul Muad’Dib Ximenes
Esistono
personaggi pubblici che hanno il dono innato, o coltivato, di creare
opinione. Mauro Icardi è per l’appunto una di queste persone.
Che
giochi bene o male. Che segni o vada in bianco è sempre sulla bocca
di tutti.
Ultima
in ordine di tempo è stata quella di Bruno Longhi, decano e stimato
giornalista di Mediaset.
“Ha
limiti tecnici evidenti, specie quando deve lavorare per la squadra”,
pur riconoscendo che “forse è il più grande centravanti d’area
di rigore” sentenzia il giornalista interrogato sulla questione.
Alcune
rapide considerazioni su Icardi e sulle molte critiche che gli
rivolgono fuori e dentro il mondo Inter.
La
prima, di carattere generale, è che non esiste esercizio più
antipatico del paragonare tra loro persone diverse per storia,
caratteristiche ed esperienze. Per quanto ci si sforzi, non si
troveranno mai due persone esattamente coincidenti ed identiche fra
loro. È la grande forza e bellezza della diversità.
La
seconda considerazione è più analitica: il capitano dell’Inter ha
finora segnato in questa stagione 11 gol in dieci partite di
campionato (più di uno a partita). Per quattro volte è stato
designato miglior giocatore in campo. Forse, e questo è forse il suo
tallone d’Achille, tocca pochi palloni e fraseggia limitatamente
pur avendo una ottima percentuale nella precisione dei passaggi pari
al 73% (fonte whoscored.com).
Come
nella favole di Esopo, anche in quella di Mauro Icardi è possibile
ricavare una morale: per quanto tu sia bravo, competente e stimato
sarai in questi casi almeno doppiamente invidiato. E criticato.
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