di
Usul
Muad’Dib Ximenes
Ore 20.35 di una domenica qualunque del Paradiso degli sportivi.
Tre anime si aggirano con discrezione lungo i sobborghi di una zona residenziale del Cielo.
Sono
tre anime distinte che al pari delle altre conservano l’aspetto e
lo spirito della loro condizione umana.
“Dovremmo
fare prestino… A momenti
ci sarà il fischio di inizio” dice il più mingherlino di siffatta
compagnia così eterogenea.
“Siamo
perfettamente in orario” gli
replica il più anziano, che nulla ha perduto del carisma
e dell’ascendente di un tempo.
Al fischio di inizio i tre, nel frattempo rifugiatosi presso un anonimo sgabuzzino adibito al rifugio di scope e secchielli, occupano un improbabile tavolino e accendono il monitor in collegamento col pianeta terra.
Al fischio di inizio i tre, nel frattempo rifugiatosi presso un anonimo sgabuzzino adibito al rifugio di scope e secchielli, occupano un improbabile tavolino e accendono il monitor in collegamento col pianeta terra.
Spalletti
sorprende le attese della vigilia spostando il fosforo di Borja
Valero subito dietro a Icardi. Il
portoghese Joao Mario deve infatti
arrendersi a una tonsillite che spalanca le porte dell’undici
titolare al rinfrancato Gagliardini visto in nazionale.
Nel
Milan, scontata l’assenza del convalescente Kalinic, il peso
dell’attacco ricade sul bomber
di coppa Andrè Silva affiancato da Suso e Bonaventura.
Come
prevedibile, gli ospiti sono renitenti alla manovra lasciando l’alea
dell’iniziativa nelle gambe e nei piedi dei padroni di casa
preferendo agire di rimessa e colpire negli spazi con i propri
brevilinei.
L’Inter
fa la partita. Vecino e Gagliardini, specialmente il primo, sdoppiano
more solito la loro presenza in funzione di frangiflutti e, più
spesso, in transizione offensiva.
Candreva,
da sempre sensibile all’aria del derby, pare improvvisamente
risvegliatosi dall’altalena letargica di apatia delle prime
giornate. Ripiega nelle rare sortite e affonda in profondità
sfruttando gli spazi generosamente concessi.
In
una di queste sortite colpisce una traversa clamorosa. È il primo
squillo di tromba e i tre spettatori celesti
si agitano sulle improvvisate cadreghe.
“Non
sarà come il nostro Jair ma ha fatto una bella giocata!” -
biascica il più mingherlino con la sua tipica inflessione di
napoletano-milanese.
Gli
altri due approvano silenziosamente.
Ma
quando poco dopo lo stesso Candreva
centra un pallone teso dove l’accorrente Icardi brucia Bonucci
depositando in rete, il giubilo è grande nello stadio e in cielo.
L’ometto dalla parlata napoletana milanese è il più scatenato. Si spella le mani in applausi facendo rima con quelli del terzo della compagnia, uno spilungone dal volto e dallo spirito del Garrone di De Amiciis. In mezzo a loro il sorriso del più anziano e carismatico che richiama la classe all’ordine: “La partita è ancora lunga”.
L’ometto dalla parlata napoletana milanese è il più scatenato. Si spella le mani in applausi facendo rima con quelli del terzo della compagnia, uno spilungone dal volto e dallo spirito del Garrone di De Amiciis. In mezzo a loro il sorriso del più anziano e carismatico che richiama la classe all’ordine: “La partita è ancora lunga”.
Mai
parole si dimostreranno più
profetiche.
Perché
il primo tempo si conclude con i padroni di casa in vantaggio di un
gol e di convinzione. Il Milan fino a quel momento non pervenuto pare
un boccone facile da digerire.
Ma
gli ospiti, sospinti dai rimproveri e dalle indicazioni di Montella
nell’intervallo, si ripresentano con un Kessie in meno e con un
baricentro spostato in avanti ove il neo entrato Cutrone affiancato
da Andrè Silva permette allo spaesato Suso del primo tempo di
trovare posizione e pericolosità.
Dopo un gol giustamente annullato al giovane lusitano per fuorigioco l’arrembante Milan della ripresa trova il pari proprio grazie al trottolino spagnolo che con una finta manda a spasso Gagliardini e Vecino e dalla sua mattonella disegna un tiro a giro che accarezza il palo e batte Handanovic per il pari.
Dopo un gol giustamente annullato al giovane lusitano per fuorigioco l’arrembante Milan della ripresa trova il pari proprio grazie al trottolino spagnolo che con una finta manda a spasso Gagliardini e Vecino e dalla sua mattonella disegna un tiro a giro che accarezza il palo e batte Handanovic per il pari.
Il
gelo ora pervade gli spalti nerazzurri del Meazza ma anche la nostra
compagnia nei cieli. L’ometto mingherlino, che per praticità da
ora chiameremo Peppino, mormora
lamentele sotto voce mentre il più carismatico, che da ora
chiameremo Angelo, lo rimprovera silenziosamente con lo sguardo
mentre il terzo, lo spilungone di nome Giacinto, osserva il monitor
assorto.
L’Inter
soffre questo segmento nel quale Borja Valero e Gagliardini paiono in
debito di ossigeno. Suso, rinfrancato dal gol sbuca da tutte le parti
e Handanovic ha il suo bel da fare.
In uno dei suoi rari break nella ripresa Candreva, prima di essere sostituito, trova ancora il tempo per una fuga servendo un rigore in movimento a Vecino settepolmoni che sbaglia clamorosamente.
Ma non si ha neanche il tempo di pensarci perché le lancette corrono e su perfetto assist di Perisic il serpente a sonagli Icardi si inventa un acrobazia volante da oratorio lasciando di stucco Donnarumma e Bonucci ancora una volta assente e sempre più spaesato.
Sembra finita e sul Meazza come in cielo contano i minuti al fischio finale.
Quando ne mancano dieci, Borini si inventa un cross dove il neo entrato Cancelo si perde l’inserimento di Bonaventura che complice il palo e la sfortuna di Handanovic riporta la gara sui binari della parità.
In uno dei suoi rari break nella ripresa Candreva, prima di essere sostituito, trova ancora il tempo per una fuga servendo un rigore in movimento a Vecino settepolmoni che sbaglia clamorosamente.
Ma non si ha neanche il tempo di pensarci perché le lancette corrono e su perfetto assist di Perisic il serpente a sonagli Icardi si inventa un acrobazia volante da oratorio lasciando di stucco Donnarumma e Bonucci ancora una volta assente e sempre più spaesato.
Sembra finita e sul Meazza come in cielo contano i minuti al fischio finale.
Quando ne mancano dieci, Borini si inventa un cross dove il neo entrato Cancelo si perde l’inserimento di Bonaventura che complice il palo e la sfortuna di Handanovic riporta la gara sui binari della parità.
Sembra
debba finire così. Montella ci crede e toglie un difensore,
Romagnoli, per un centrocampista in più in
vista del finale a trazione
anteriore.
Avrà
torto però. Perché dopo una bella percussione palla al piede di
Vecino sfociata in un
cioccolatino deliziosamente
donato
da Icardi ad Eder che viene stoppato in angolo da Rodriguez, sarà lo
stesso terzino elvetico sugli sviluppi del corner ad abbracciare
platealmente D’ambrosio. L’arbitro fischia il rigore senza
esitazione. Nessuno chiede il ricorso al Var.
È
da poco passato il novantesimo quando Icardi dal dischetto spiazza
Donnarumma depositando in rete il pallone che gli verrà consegnato a
fine gara come “hombre del partido”. È il definitivo tre a due.
Gli spalti del Meazza eruttano una gioia incontenibile quando,
qualche minuto dopo, Tagliavento dichiara la fine delle ostilità.
L’inter
stacca la Juve e tallona il Napoli. Il Milan, alla quarta sconfitta
in campionato, scivola a meno dieci dai concittadini.
Nello
sgabuzzino celeste delle scope il giubilo è enorme. Giacinto stringe
con garbo e rispetto il Presidente Angelo che sorride felice come un
bambino. Peppino, invece, riscopre la sua verve da capopopolo
ed improvvisa cori al grido di “Chi non salto rossonero è!”.
Anche i suoi due compagni si accodano divertiti.
Ma
l’atmosfera di idillio
viene interrotta da una voce stentorea: “Dovevo sapere che la causa
di questo chiasso eravate voi tre! Non vi avevo espressamente vietato
la visione della partita?”- è San Pietro ovviamente che richiama
la compagnia interista all’ordine.
I tre abbandonano lo sgabuzzino delle scope senza però impedire a Peppino la legittima difesa: “Santità, era il Derby! E abbiamo vinto all’ultimo minuto come ho sempre desiderato! Milano siamo noi!”
I tre abbandonano lo sgabuzzino delle scope senza però impedire a Peppino la legittima difesa: “Santità, era il Derby! E abbiamo vinto all’ultimo minuto come ho sempre desiderato! Milano siamo noi!”
Ma
San Pietro non è in vena di indulgenze: “Conosci le regole,
Peppino! Per Noi siete tutti eguali e tutti fratelli!”
Al
che Peppino, a mezza voce ribatte “che non ha fratelli e men che
meno cugini rossoneri”. Ma questo non è certo.
Le
tre anime si dirigono ognuna verso la propria dimora celeste.
Qualcuno ha attaccato nelle bugie delle persiane una bandiera
dell’Inter.
Per
una notte il Cielo e le sue strade si sono colorate di nerazzurro.
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