di
Usul Muad’Dib Ximenes
Spalletti aveva avvisato tutti alla
vigilia: “Attenti al Torino. Dovremmo essere fluidi, reattivi e
veloci”.
È stato profeta in patria ma
nessuno gli ha dato troppo retta. Forse l’entusiasmo contagioso
degli oltre 70.000 accorsi a San Siro. Forse il fisiologico
appannamento di una squadra in cui giocano sempre gli stessi 12-13
giocatori. E, probabilmente, un Torino che ha sorpreso tutti
presentandosi al Meazza con un abito spavaldo e pragmatico: pressing
alto sul primo portatore di palla, duelli a coppie coi tre mediani
interisti, fasce presidiate egregiamente nelle due fasi di gioco. Ne
sono scaturiti corridoi intasati e linee di passaggio chiuse al
traffico dai vigili urbani granata.
L’Inter è di costituzione
gracile quando subisce il pressing feroce sulle proprie fonti di
gioco e trova spazi stretti. Sono riaffiorati limiti nel palleggio
insieme ad un giro palla lento e scolastico. E la fase di transizione
positiva veloce verso la porta avversaria è risultata essere
assolutamente macchinosa e rivedibile.
Nonostante la giornata non
indimenticabile, i nerazzurri hanno mostrato una tenuta mentale che
unita alla lucida lettura del suo tecnico ha consentito loro di
pareggiare e andare vicini ad una vittoria che avrebbe lasciato pochi
spazi a recriminazioni di sorta.
Il rammarico per il pari, che ha
impedito di eguagliare Bersellini, non deve sminuire i progressi di
un gruppo che solo l’anno scorso brancolava nel buio più assoluto
e che quest’anno, pur incompleto e ridotto all’osso negli
effettivi, rimane sulla scia di squadre più organizzate ed
attrezzate per il vertice.
Il grande libro dei primati
sportivi è infatti già pronto a mettere alla prova Spalletti e la sua squadra
con altre sfide e nuovi record. Una storia tutta da scrivere
proseguendo con fiducia quel percorso di lavoro appena iniziato dal
tecnico toscano e con un occhio rivolto al mercato che sarà. Perché
anche i sogni e i desideri più belli necessitano di un piccolo aiuto
per potersi avverare.
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