di
Usul Muad’Dib Ximenes
Due settimane senza campionato sono
una gran seccatura quando aspetti la domenica per l’Inter e ti
ritrovi a dover parlare di una nazionale che così male in arnese non
la si vedeva dai tempi del post Vittorio Pozzo.
Per puro spirito cristiano lo
scrivente eviterà la proverbiale sparata sull’autoambulanza della
Croce Rossa di Ventura con le ruote anteriori sgonfie e quelle
posteriori bucate.
Nel calcio, che è metafora della
Vita, quasi nulla accade per caso. Così, anche la sconfitta in terra
di Svezia è figlia di molti padri, poco nobili e nemmeno buoni e
giudiziosi come quelli di un tempo.
La commedia degli equivoci conosce
il suo prologo all’indomani degli europei 2016. Una nazionale
rabberciata nelle scelte riesce, dopo aver strattonato la Spagna, a
portare fino ai rigori la grande Germania dell’ultimo lustro.
Congedato Antonio Conte, vero fuoriclasse di un gruppo tra i più
anemici qualitativamente degli ultimi trent’anni, il presidente
federale opta per una soluzione naif e più economica. Chi meglio di
Ventura? Un maestro di calcio, amante del bel gioco, ecc…
E qui cominciano a sorgere gli
equivoci: perché fare l’allenatore di calcio è compito assai
diverso dal fare il selezionatore di una rappresentativa nazionale.
Il primo lavora gomito a gomito col materiale pedatorio ogni giorno
per tutti i giorni della stagione agonistica. Il secondo, quando
viene assecondato dai club e dalla Federazione, lavora per massimo
quattro settimane l’anno con i propri giocatori.
E Ventura, cultore di un calcio che
richiede tempo e applicazione per essere assimilato e che in una
lunga carriera non ha mai vinto neppure un torneo di briscola, forse
rappresentava per il ruolo la soluzione meno plausibile. Apre le
porte della nazionale a tanti giocatori: e questo è un bene. Ma non
riesce, nel corso di oltre un anno, a trovare equilibrio tattico ove
far coesistere nel loro ruolo naturale i talenti espressi dal
campionato. Si sprecano gli esperimenti alla vana ricerca della
chiave di volta di un’equazione per lui senza soluzione.
Indipendentemente dall’esito
della doppia sfida contro la Svezia, la sorte del Ct è già segnata
dal fallimento. Se perde e va a casa dovrebbe, per rispetto patrio,
rinunciare al contratto e all’ingaggio. Se rimonta e vince ha
davanti a sé la prospettiva di un mondiale con un gruppo depresso e
demotivato di cui ha perso il polso e la leadership.
Ammesso poi che l’abbia mai
veramente avuta.
Commenti
Posta un commento