di
Usul Muad’Dib Ximenes
I
PIÙ
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I
MENO
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LA
TENUTA MENTALE: alzi
la mano chi
si aspettava una simile dimostrazione di carattere.
Dopo
tre sconfitte consecutive e le molte tossine nocive del derby
perso mercoledì, la
squadra era con un piede e mezzo sul baratro di una crisi tecnica
simile a quella delle stagioni passate.
Nel
secondo tempo, complice il debito di ossigeno, la banda Spalletti
ha più volte rischiato di prendere il gol e perdere la partita.
Ma
anche di realizzarlo e portarsi via l’intera posta non sarebbe
stato scandaloso.
Nervi d’acciaio.
LUCIANO
SPALLETTI:
ha
gestito
la crisi fisica e tecnica da comandante navigato: ha
tolto ogni alibi a giocatori ed ambiente ricordando quanto di
buono fatto da agosto a inizio dicembre.
Per quanto non esistano riprove, senza di lui la squadra avrebbe
come in passato accusato il colpo cedendo all’inerzia negativa
del momento.
Conducator.
Ranocchia,
Santon e la linea difensiva:
con
la mediana appannata nello smalto e nella condizione psicofisica,
sono
talora mancati,
specie nella ripresa, filtro
e densità centrale concedendo ai giocatori biancocelesti
inserimenti e tagli di cui sono maestri.
La linea difensiva nerazzurra si è spesso trovata a dover
affrontare molti duelli individuali contro Immobile & co.
riuscendo a contenerne e limitarne la verve.
Una
vittoria collettiva dei quattro dietro ma
anche personale di Ranocchia,
in costante miglioramento, e
Santon:
sul pareggio
importantissimo di ieri c’è la firma dei figli più reietti e
contestati dell’Inter recente.
Resuscitati.
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CANDREVA
e PERISIC:
sono
stati tra coloro che hanno cantato e portato la croce durante i
primi quattro mesi di entusiasmante cavalcata in classifica.
Spentasi
la loro verve, l’Inter ne ha fortemente risentito sia in termini
di pericolosità che di efficacia in zona gol.
Anche
contro la Lazio hanno pagato
il fisiologico appannamento
(nessuno
è capace di spalmare lungo tutta la stagione il medesimo
rendimento)
e la
mancanza di valide alternative ad
essi in rosa tali da consentirgli di rifiatare e
recuperare le forze perdute. Desaparecidos.
MAURO
ICARDI:
non ha nel suo Dna calcistico il talento della progressione
palla al piede dalla trequarti in su.
Paga
inoltre la congenita
disabitudine a cercarsi il pallone tra le linee
insieme all’attuale sistema di gioco che lo vede spesso
abbandonato alle fauci delle difese avversarie come quella laziale
solite
predicare
la marcatura preventiva e l’anticipo sugli attaccanti avversari.
Come
i colleghi di reparto paga la congiuntura astrale sfavorevole
e l’assenza
di un sostituto capace di affiancarlo o, al peggio, sostituirlo.
Da
aiutare e sostenere.
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